Additivi: se il calice traboccasse?

27 ott 2020

Il vino gode di una legge speciale che esenta i produttori dal dichiarare gli additivi in etichetta. Questa particolarità, nata per evitare troppa burocrazia alle piccole Aziende agricole, è ancora oggi un vantaggio per chi vuole produrre e consumare vini di qualità? Quanti sono i composti che entrano in contatto con il vino? Quanti di loro saranno inclusi nella lista degli additivi?

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Numerosità dei composti esogeni

Un vino convenzionale viene a contatto con circa 81 composti esogeni e può contenere anche residui di prodotti chimici, come i pesticidi, che derivano dalle lavorazioni agricole. In un vino biologico i composti estranei all’uva aggiungibili in vinificazione scendono, si fa per dire, a 38. Va da sé che nelle rispettive versioni senza solfiti aggiunti sono rispettivamente circa 78 e 35. Stupiti?

Disinformati! Vengono scritte decine e decine di articoli sull’impiego di solfiti e lieviti senza mai affrontare l’argomento degli altri additivi, più numerosi, più tossici e del tutto inutili se solo ci fosse un’agricoltura meno predatoria e un’enologia più virtuosa. Ma le competenze, la conoscenza del territorio e dei fornitori, costano assai più di una polverina e una scelta antieconomica porta al fallimento aziendale o, peggio, all’acquisto da parte del concorrente più scaltro.78

Siamo in molti ad aspettare le norme definitive sull’etichettatura dei vini temendo o sperando che le novità introdotte siano sufficientemente concrete da tutelare anche chi rispetta maggiormente il consumatore. Ma nell’acqua sporca navigano tutti, perché illimpidirla? Probabilmente perché il margine che divide il vino chimico da quello “convenzionale” è stato oltrepassato da anni: con la chimica non è più indispensabile un’agricoltura attenta e di qualità, le correzioni di Cantina sono più performanti e a minor costo.

Le annate e il grado alcolico

Molti appassionati di vino discettano delle differenze fra le annate. Purtroppo negli ultimi vent’anni le differenze organolettiche fra due vini di annate consecutive non estreme sono meno significative del tremolio della mano di chi versa i vini nel bicchiere.  Anche le grosse guide fanno finta di niente, come fosse normale leggere in etichetta gradazioni superiori a 14% vol e descrivere il gusto del vino come equilibrato, con una buona acidità e piacevolmente sapido. Colpa del cambiamento climatico, si dirà. Evidentemente qualcuno ha dimenticato quella lezione di fisiologia vegetale in cui si spiegava che con il clima caldo le piante consumano gli acidi di riserva.

Additivi o coadiuvanti

Il cavallo di Troia della nuova norma sulla etichettatura del vino si baserà sulla definizione legale di additivi e coadiuvanti. Diciture dibattute da sempre nel settore alimentare. Prima a livello nazionale e poi a livello comunitario, dove pragmatismo e scarsa qualità dell’agricoltura nordica ritengono l’additivazione regola e non eccezione. Chaptal, non a caso, era francese. Per legge un coadiuvante non deve essere indicato in etichetta ed è definibile come: “un composto che aggiunto al prodotto in corso di elaborazione non vi residua o vi residua senza conservare le sue caratteristiche funzionali”.

Il trucco

Le norme europee sul vino hanno il loro “think tank” (gruppo di esperti) nell’OIV, Organisation Internationale de la vigne et du vin, a cui è stato attribuito questo incarico soprattutto perché è un organo extragovernativo, che ha il compito di uniformare le norme internazionali sul vino. L’OIV ad inizio 2019 ha pubblicato una tabella che riporta la classificazione dei prodotti enologici, distinguendoli fra coadiuvanti e additvi: 61 composti non saranno visibili in etichetta e solo 20 potranno essere letti dal consumatore, perchè sono stati inclusi nella lista ristretta degli additivi. Fra di essi tre nomi diversi dell’anidride solforosa; quattro acidi sostituiti dalle resine a scambio ionico; quattro stabilizzanti tartarici, ormai inutili perché sono disponibili tecniche fisiche più efficaci; due composti ormai in abbandono quali l’acido ascorbico e il sorbato; tre additivi solo per vini speciali (caramello, resina di Aleppo, solfato di calcio); due composti di recente introduzione, assurdamente autorizzati; l’anidride carbonica esogena. Infine il lisozima, che è presente nell’elenco degli allergeni, ma è l’unico composto che può essere sia additivo che coadiuvante, a seconda del momento d’impiego. L’ OIV apre la strada all’impiego di un allergene senza che sia obbligatoria l’indicazione in etichetta?

La legge sugli additivi comporta variazioni così marginali da essere assolutamente inutile. Stupiti?

Definizione di coadiuvante riportata dall’OIV

Questo termine indica “qualunque sostanza o materiale, eccetto le apparecchiature o gli utensili, non consumato di per sé come alimento, usato intenzionalmente nel trattamento delle materie prime, negli alimenti o nei loro ingredienti, per raggiungere un determinato scopo tecnologico durante il trattamento o l’elaborazione e che può avere come risultato la presenza non intenzionale ma inevitabile di residui o derivati nel prodotto finale”.

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Una risposta su “Vino: additivi, coadiuvanti”

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