Le rughe del vino

riflessi e unghia

Parte 2 di 2

foto di pinot nero, aglianico del vulture, teroldego

Ci è stato correttamente insegnato che per capire se un vino è stato invecchiato dobbiamo guardarne i riflessi. Un parametro che già nel nome ha un’aurea di mistero, perché normalmente si osserva il riflesso di qualcosa di esterno: gli alberi nei laghi di montagna, la luna sul mare, l’effervescenza delle bollicine, al limite le onde iridescenti o le chiazze oleose. Nei vocabolari e in qualche traduzione affrettata si parla di sfumature, semplificando eccessivamente. In realtà il parametro sensoriale è più complesso e affascinante.

Gestualità per percepire i riflessi
Tecnicamente la percezione dei riflessi dovrebbe avvenire traguardando il vino in direzione obliqua alla sua superficie. Spesso si notano assaggiatori che s’impegnano nella comprensione roteando vorticosamente il calice per cogliere il colore dei piccoli rivoli che si vengono a formare. La seconda gestualità sarebbe perfetta, se non comportasse l’inconveniente di ossigenare il vino e rendere ingestibile la dinamica olfattiva.

La chimica dei riflessi
Fino alla fine degli anni ’90 si riteneva che i riflessi aranciati di un vino fossero causati dall’alterazione degli antociani, che per vie chimiche piuttosto complesse perdevano il colore originario. L’apice di questa teoria si ritrova in una famosa tabella dell’Università di Bordeaux. In contemporanea un gruppo di ricercatori dell’Università di Montpellier, guidati da M.Moutounet, studiò l’evoluzione del colore in relazione a microdosaggi d’ossigeno. I lavori dei ricercatori del Midì permisero di definire la teoria dei ponti etanale, che modificò radicalmente il punto di vista di quasi tutto il mondo enologico.
Secondo questa teoria i tannini del vino, che allo stato nativo sono incolori, possono dar vita a complessi che aumentano leggermente le tonalità violacee oppure possono legarsi fra di loro in altro modo e portare ad un incremento delle tonalità gialle/aranciate.

Percepire i riflessi del vino
Al contrario di altri parametri sensoriali i riflessi si strutturano su due assi divergenti. Nei vini giovani i riflessi sono spenti e l’unghia è assente. Nei vini che preservano il ricordo del frutto si percepiscono riflessi lucenti e viola con un’unghia pronunciata. Nei vini terziarizzati si nota l’aumento dell’unghia e i riflessi diventano aranciati. In alcuni casi i riflessi aranciati sono così intensi da prevalere sulla tonalità stessa del vino, che viene definita con termini simili a mattonata o aranciata.

Percepire l’unghia
Anche l’unghia è un effetto della polimerizzazione dei tannini e solitamente si valuta contestualmente ai riflessi. E’ un parametro sensoriale molto sottostimato che ha invece un grande significato valoriale. Le molecole del vino nel tempo si aggregano e formano delle particelle, i colloidi. Quando il colore è stabilizzato dentro i colloidi, si nota sull’orlo del vino una zona incolore che chiamiamo unghia (chi scrive che l’unghia ha colore dovrebbe bere solo birra). In alcuni casi estremi si può osservare la formazione di corpuscoli in sospensione e una torbidità colorata diffusa.

Cosa ci dicono riflessi e unghia del vino
I riflessi e l’unghia del vino sono generati dagli stessi composti chimici che determinano la “forma dei tannini”. Di fatto sono un modo differente per percepire lo stesso parametro, confermandolo. Entrambe le percezioni sono determinate, quasi esclusivamente, dall’agire dell’uomo in cantina.

Note a margine
I vini bianchi sono soggetti agli stessi fenomeni, ma la percezione dei riflessi è resa molto più complicata dalla similitudine visiva fra la tonalità nativa e i riflessi gialli lucenti o grigio-arancio dell’evoluzione.

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